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Sono tredici su quindici le Regioni a statuto ordinario che hanno avviato il procedimento previsto dall’art. 116, comma 3 della Costituzione per ottenere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” in alcune materia espressamente individuate fra cui tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, governo del territorio, tutela e sicurezza del lavoro, grandi reti di trasporto e navigazione, valorizzazione dei beni culturali e ambientali e protezione civile (art. 117, comma 2 e 3 Cost.).
Nel febbraio scorso tre Regioni – Emilia Romagna, Lombardia e Veneto – avevano siglato accordi preliminari con il Governo chiudendo così la prima fase della procedura (Vedi News Ance del 2 marzo 2018 Regionalismo differenziato: siglati gli accordi preliminari con Emilia Romagna, Lombardia e Veneto), alle quali se ne sono aggiunte via via altre dieci. In particolare, fra queste ultime, sette (Campania, Liguria, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria) hanno formalmente conferito al Presidente della Regione l’incarico di avviare le procedure con lo Stato, mentre tre (Basilicata, Calabria e Puglia), pur non avendo approvato formalmente tale mandato, hanno assunto iniziative preliminari sotto forma di atti di indirizzo.
Due Regioni (Abruzzo e Molise) invece, al momento, non risultano aver assunto alcuna iniziativa.
Il quadro sopra descritto emerge anche da un dossier del Servizio studi del Senato “Verso un regionalismo differenziato: le Regioni che non hanno sottoscritto accordi con il Governo”, nel quale vengono indicati, Regione per Regione, gli estremi degli atti di avvio del procedimento costituzionale e le singole materie nelle quali viene chiesta maggiore autonomia.
Al riguardo si evidenzia che quasi tutte le Regioni coinvolte hanno elencato fra le materie di proprio interesse la tutela dell’ambiente, i beni culturali e paesaggistici e il governo del territorio, accompagnato in alcuni casi (Umbria e Marche) dalla dicitura “rigenerazione urbana”.
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