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Ai fini della partecipazione alla gara per l’affidamento di un appalto misto di servizi e lavori, ANAC e giurisprudenza concordano che la stazione appaltante deve sempre richiedere i requisiti propri dell’esecutore dei lavori, oltre ai requisiti propri dei prestatori di servizi.
1. Inquadramento normativo
La disciplina degli appalti misti è contenuta nell’articolo 28 del d.lgs. 50/2016, il cd. Codice dei contratti, secondo cui l’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto – aggiudicato secondo le disposizioni applicabili al tipo di appalto che caratterizza <> del contratto – deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti per ciascuna prestazione prevista.
Il codice segue l’impostazione della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, che in tema di appalti misti prevede:
– all’11° considerando, in caso di diverse parti costitutive dell’appalto oggettivamente non separabili, l’applicabilità delle norme determinate in funzione dell’oggetto principale dell’appalto;
– al 12° considerando, in caso di prestazioni che possono essere separate, la libertà delle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare appalti separati per le parti separate dell’appalto misto, nel qual caso le disposizioni applicabili a ciascuna parte separata dovrebbero essere determinate esclusivamente in funzione delle caratteristiche dell’appalto specifico.
2. L’obbligo di qualificazione nei lavori secondo l’ANAC
Il problema della qualificazione degli operatori economici che concorrono ad una appalto misto è stato in ultimo affrontato dall’l’Autorità Nazionale Anticorruzione, ANAC, con la delibera n. 756 del 5 settembre 2018.
Tale delibera è stata adottata in risposta all’istanza di parere di precontenzioso presentata da ANCE Napoli ai sensi dell’art. 211, comma 1 del Codice dei contratti (d.lgs. 50/2016), per un servizio di conduzione e manutenzione presso gli edifici dell’Università di Napoli.
Da notare che la manutenzione di immobili rappresenta una tipologia di appalto caratterizzata da molteplici prestazioni, tra cui lo svolgimento di servizi in senso proprio (ad es., attività di coordinamento degli interventi, conduzione e gestione degli impianti) e altre attività qualificabili come lavori (ad es., interventi di riparazione o sostituzione degli impianti).
Seppure con riferimento al previgente d.lgs. 163/2006, il concetto di “manutenzione” era stato in ultimo approfondito dall’Autorità nelle “Linee guida per l’affidamento dei servizi di manutenzione degli immobili” di cui alla Determinazione ANAC n. 7 del 28 aprile 2015.
Per la soluzione della controversia, l’Autorità riparte da tale determinazione ricordando che si è “nell’ambito dei lavori pubblici qualora l’attività dell’appaltatore comporti un’azione prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica (c.d. quid novi) che prevede l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale. Viceversa, qualora tali azioni non si traducano in una essenziale/significativa modificazione dello stato fisico del bene, l’attività si configura come prestazione di servizi“.
Ne consegue che la tipologia dei requisiti da richiedere ai fini della partecipazione va valutata con riferimento alle attività oggetto del contratto.
Nel caso in esame, l’analisi dell’oggetto del contrato è risultato viziato da una palese contraddittorietà sussistente tra documenti di gara (bando e disciplinare, entrambi tarati sui servizi prestati), e il Capitolato descrittivo e prestazionale, che prevedeva, oltre ai servizi, anche l’esecuzione di lavori, riconoscendo, seppure genericamente, la natura mista del contratto.
Secondo l’ANAC, l’oggettiva contraddittorietà della legge di gara ha indotto a ritenere che la stazione appaltante non abbia analizzato gli interventi oggetto del contratto di appalto per verificare se alcuni di essi fossero qualificabili come lavori.
La procedura di affidamento non è stata ritenuta quindi non conforme alla vigente normativa di settore, poiché “nel caso, la stazione appaltante avrebbe dovuto identificare in modo preciso la natura, le caratteristiche e l’importo delle varie lavorazioni, in modo tale da commisurare la qualificazione da richiedere ai fini della partecipazione all’effettiva entità degli interventi da realizzare”.
In altri termini, l’amministrazione avrebbe dovuto chiedere oltre alla qualificazione per l’esecuzione dei servizi, anche l’attestazione SOA o comunque la qualificazione in gara prevista per importi inferiori a 150.000 euro.
3. L’obbligo di qualificazione nei lavori secondo la giurisprudenza
L’orientamento sopra espresso, come ricorda l’Autorità, è condiviso anche da parte della giurisprudenza, che ha più volte ribadito il principio secondo cui l’operatore economico che concorre all’affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità per ogni singola prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto (cfr.Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1680; Consiglio di Stato, sez. V, 4 maggio 2001, n. 2518 e Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005 n. 537).
Tra le tante, si segnala in ultimo, quanto espresso dal Consiglio di Stato (sez. V, sent. 11 giugno 2018, n. 3613), che ha osservato:
“La ratio dell’inderogabile disciplina richiamata a proposito della necessaria qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici non risiede tanto nella volontà di preservare l’amministrazione dai costi relativi a lavori inadeguati per tempi o qualità di realizzazione, quanto nell’esigenza di garantire le capacità realizzative e le competenze tecniche e professionali (ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa), che informa l’intero sistema di qualificazione degli operatori economici esecutori di lavori pubblici, per come desumibile dal criterio direttivo di cui alla lettera uu) della legge delega […]
Ed invero, si violerebbe la normativa di ordine pubblico che impone la qualificazione SOA per eseguire lavori pubblici sia se si consentisse all’imprenditore aggiudicatario non qualificato di eseguire, in proprio, lavori pubblici, sia pure senza gravare dei costi relativi la stazione appaltante; sia se gli si consentisse di affidarli a terzi soggetti esecutori, sotto la sua responsabilità ed a suo carico, ma perciò sottratti al controllo dell’amministrazione appaltante; con l’ulteriore violazione, in tale eventualità, della disciplina sul subappalto di cui all’art. 105 del codice”.
A conferma di tale inderogabilità, è stato più volte osservato che negli appalti misti di lavori l’operatore economico deve sempre possedere l’attestazione SOA o comunque la qualificazione in gara prevista per importi inferiori a 150.000 euro.
Tale principio sussiste anche laddove il concorrente dichiari di sopperire alla carenza della qualificazione in gara, affidando i lavori in subappalto a soggetto idoneamente qualificato (TAR Toscana, sez. I, 30 gennaio 2018, n. 146).
Infatti, negli appalti misti, è richiesta all’appaltatore una duplice professionalità, tanto per i lavori, quanto per i sevizi/forniture che concorrono a comporre l’affidamento. Conseguentemente, per i soggetti non in possesso di tutti i requisiti, ricorre l’obbligo di costituire ATI con soggetto debitamente qualificato o di avvalersi dei medesimi requisiti posseduti da altro soggetto, nel rispetto dei principi propri di questo istituto.
La carenza della qualificazione per i lavori non può essere mai ovviata, neppure mediante il subappalto integrale delle opere.
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Riferimenti esterni
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